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Alla cortese attenzione del Responsabile della rubrica “LETTERE,COMMENTI&IDEE”
Il sottoscritto Prof. Giacomo Garzya, chiede alla S.V. di voler gentilmente pubblicare la lettera, qui di seguito riportata :
LETTERA DI RETTIFICA E DI COMMENTO ALLA RECENSIONE DI LUCILLA FUIANO DEL MIO LIBRO DI POESIE, GIACOMO GARZYA, “PENSARE E’ NON PENSARE” (Napoli 2009, Bibliopolis) DELL’11 LUGLIO 2009, p. XVI DELL’EDIZIONE NAPOLETANA.
Ringraziando Lucilla Fuiano, per la bella recensione , pubblicata su “La Repubblica” dell’11 luglio 2009, alla p.XVI , curata dalla Redazione di Napoli, colgo, tuttavia, l’occasione per farle notare che, nel leggere la mia poesia “Sabbie e pietre”, pp.38-39, ha dato un’interpretazione completamente errata della stessa e che ne inficia il significato e soprattutto la metafora. Tranne le ultime, quasi tutte le sabbie, come le pietre, sono – è da me chiaramente detto- donatemi da amici, in viaggio per le “lande” più sperdute del mondo e ciò spontaneamente, al punto da arrivare a farne una collezione.
Anche sull’interpretazione relativa al titolo della raccolta, “Pensare è non pensare”, datane da Valerio Petrarca, a Palazzo Serra di Cassano, alla presentazione del 24 aprile c.a., e da Lucia Fuiano, in questa recensione, ci sarebbe molto da discutere, avendone dato io nel libro, nella pagina precedente la prefazione di Eugenio Mazzarella, due chiavi di lettura e una terza, la più sentita, nella poesia “Sopravvivere”.
Il “cogito ergo sum” cartesiano, sul piano teoretico e non, non l’ho mai messo in discussione, anzi rientra con forza nella raccolta precedente “Il mare di dentro”, Napoli 2005, M D’Auria Editore e nel mio modo di essere. Spesso, a chi mi conosce bene, dico di essere cartesiano, sia nella scrittura come nella fotografia, facendo della chiarezza la mia forza, laddove in Italia, paese della Controriforma, tale dote è proprio di pochi, solo di coloro che hanno un certo coraggio ideologico e soprattutto personale ( vedi Roberto Saviano).
La fine tragica di mia figlia Fanny, certamente ha portato a dei ripensamenti sul come concepire la natura , ora in chiave leopardiana, e l’esistenza, ora in chiave esistenzialista, ma ci sono dei “forse”, che non sono stati colti, il che dovrebbe portare a vedere il titolo anche come una provocazione verso il mondo in cui viviamo, ma, soprattutto, come una sottrazione al dolore , come fa intendere Eugenio Mazzarella a p.11 della prefazione, cioè come “… pensiero che “cede” di pensare – unico modo in fondo di sopravvivere”.
La recensione , chiude con una frase illogica, poco cartesiana : “Così a parlare sono i gatti,…o i gabbiani. Libere reincarnazioni di affetti perduti, che a dispetto di ogni logica, ogni tanto ritornano”. Come se l’adorata figlia perduta per sempre, non stesse stabilmente nel mio cuore.
Napoli, 15 luglio 2009.
Con i più cordiali ringraziamenti e
saluti.
Prof. Giacomo Garzya