"Il mare non bagna Napoli", titolava mezzo secolo fa la scrittrice Annamaria Ortese. Coperto dalle navi alleate in occupazione nel porto, non poteva essere liberamente osservato e goduto. E anche oggi il mare di Napoli c'è ma non si vede: quasi un trucco, un'illusione. Città di mare, ma chi se lo ricorda? Per molti è una cartolina. Di fatto le acque sono estranee a molti partenopei, tanto che fino a poco tempo fa raccontare di un tuffo consumato a Mergellina o a Posillipo equivaleva a narrare un'autentica impresa. Innocenza del caso, è proprio Napoli ad ospitare la mostra fotografica di Giacomo Garzya "Il mare che non si vede", in esposizione a Palazzo Serra di Cassano fino alla fine di marzo. Tredici fotografie per una rassegna che è una costola di un precedente lavoro dell'artista, dedicato al tema dei quattro elementi. Le riproduzioni sono state selezionate per suggerire un nuovo e privilegiato punto d'osservazione, quello dell'uomo sull'elemento marino.. In questo caso è il mare delle coste greche come di quelle campane o altre, molto più esotiche e dai nomi incomprensibili, a prestarsi a questa prospettiva antropocentrica, suggerendo a Garzya quell'idea di bellezza "che ha senso solo se c'è l'uomo che sente e vede. Egli solo è in grado di percepire, di cogliere l'altro da sé. Senza l'elemento uomo niente avrebbe senso specifico; con la sua presenza l'armonia della terra diventa sensibile, tangibile e può suscitare forti emozioni". E il segno di Garzya indica proprio che l'uomo manipola la natura, anche solo osservandola. Alcune fotografie sono più esplicite : in esse il mare si riconosce, quasi con sollievo, tra i colori alterati, tra le luci che quando non sono in bigio e scuro, hanno i riflessi febbrili del rosato e caldi dell'oro fuso. In altre immagini bisogna avere bene in mente il titolo della mostra, per accorgersi del mare. Un'acqua nascosta, lunare, molto sensuale. Acqua e sale, un voyeur ci va di lusso, vedo e non vedo, la più classica delle fascinazioni. Intuire e non focalizzare, perché l'occhio vuole illudersi di guardare solo ciò che desidera e quando lo desidera, perché la sottrazione acuisce la malia e l'intervallo che corre tra la sparizione e la riapparizione è un ammaliante mistero, consumato in un frangente incontrollato. E se il mare è un mistero, Garzya lo avverte non di meno come un "archetipo, la ragione di tutte le cose, nell'acqua innanzitutto, quella che ci avvolge e ci protegge sin dalla nascita, quella che muta ad ogni soffio di vento".
GIOVANNI CHIANELLI Articolo pubblicato ne "la rivistadelmare.it", 2 aprile 2006.
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