Sono
grata a Giacomo Garzya per l'invito a presentare il suo nuovo saggio
di poesie Un anno, non solo per la testimonianza di stima nei miei
confronti, ma soprattutto perché mi ha offerto l'opportunità di riavvicinare
e ri-esplorare il mondo della poesia che percorre dimensioni emozionali
con quei tracciati che arrivano diretti "al cuore".
Per me che poeta non sono e che avvicino nel mio lavoro psicoterapeutico
la complessità del mondo umano con i suoi numerosi volti, spesso cupi,
indecifrabili ed invalidanti lo scorrere dell'esistenza, questo testo
mi ha permesso di assaporare e ripercorrere itinerari interni con
modi e linguaggi che solo la poesia può descrivere con efficacia.
Leggendo il testo da subito si è immersi in uno scenario suggestivo
e corposo, fatto di immagini, ma soprattutto di odori, sapori, colori
e suoni in cui umano e natura si incontrano per consegnarci una miriade
di stati d'animo dalle mille sfaccettature.
Sullo sfondo di tutte le produzioni poetiche della raccolta, si staglia
il dolore silenzioso e riservato dell'autore, cui è permesso accedervi
in punta di piedi e con estremo rispetto.
Il dolore che traspare nelle poesie di Giacomo Garzya appartiene a
quella dimensione tragica dell'uomo che si interroga sul suo esserci
nel mondo, sul mistero della vita e della morte, sul significato di
esperienze e vicissitudini che popolano l'esistenza di ciascuno, cogliendoci
sorpresi, disperati o muti nel "patire" la vita.
La nostalgia del passato, la forza delle emozioni, l'incedere superbo
della morte nei sentieri della vita, si intrecciano nelle varie composizioni,
lasciandoci rapiti nel riprovare e ritrovare atmosfere del presente
e quelle del tempo che è andato: amore, solitudine, inquietudine,
stupore, inganni, malinconia, condivisione, solidarietà e molto altro
ancora si ritrova nel testo del poeta.
L'errare dell'uomo dentro e fuori se stesso è portato da immagini
di luoghi e terre inondate dal sole, in cui sacro e profano si mescolano
e si fondano nel Luogo della : " terra madre, lì dove ha tutto
origine".
L'amicizia di affetti lontani e sempre presenti, il sorriso misterioso
del femminile, la bellezza sconvolgente della natura, introducono
l'autore in altri luoghi esterni ed interni che gli propongono il
movimento incessante della vita che si condensa nel silenzio opprimente
della morte.
È quanto si ritrova nel componimento Il Buio nero nell'immagine della
grotta di Pertosa o sotto S.Anna di Palazzo: "quando si spengono
le lampade , il silenzio assoluto al bivio è opprimente, così deve
essere dentro una bara quando si spengono gli occhi per sempre".
Per l'autore il tempo scandito dall'orologio avanza con impassibile
ineludibilità ed in esso giocano, come dentro le maglie di una sottile
filigrana, il dolore della mancanza, della perdita, delle separazioni;
il tempo interno, invece, rimane custodito nel presente vivo e costante
della mente: potere della memoria, archivio della memoria, condivisione
rappresentano le uniche sponde di spazio senza tempo, in cui passato
e presente si coniugano nel : "niente è morto".
Tempo, spazio e memoria mi sembrano, infatti, gli assi portanti su
cui Giacomo Garzya costruisce il suo linguaggio poetico dove il dolore
di cui ci parla, e penso alla poesia Cinque anni, non arriva solo
dalla mancanza, ma dalla tirannia dell'oblio che interviene inesorabile
e con ritmo implacabile a consentire per chi rimane in vita l'amara
e struggente consapevolezza della propria sopravvivenza.
La carica emozionale che suscita la produzione poetica di Giacomo
Garzya mi ha riportato alla mente l'intimo legame esistente tra poiesis
e sogno, messo in risalto anche in numerosi studi psicoanalitici.
Infatti, Jung in particolare, fra tutti gli psicologi del profondo,
segnalando nel 1961 una significativa analogia tra poesia e sogno,
scriveva nel suo saggio Simboli ed interpretazioni dei sogni che:
"si ha l'impressione che nel sogno sia all'opera un poeta".
Al riguardo mi piace ricordare un passo illuminante di F.Hölderlin
in cui l'autore descrive mirabilmente la poesia come capacità di percepire
in maniera nuova ed originale il mondo e le cose del mondo: "Quando
il poeta, in tutta la sua vita intima ed esterna, si sente unito con
il puro risuonare della sua sensibilità originaria, e si guarda intorno
nel mondo, questo gli appare nuovo e sconosciuto; la somma di tutte
le sue esperienze, del suo sapere, della sua intuizione, del suo pensiero,
l'arte e la natura, come essa si presenta dentro e fuori di lui, tutto
gli si presenta come per la prima volta e, proprio per questo, nuovo
e indefinito, ridotto a pura materia e vita…".
Nel sogno l'inconscio si manifesta attraverso costruzioni simboliche
e metaforiche che parlano per immagini al sognatore ed individuano,
se ascoltate, nuovi fronti e risposte ai problemi della vita; allo
stesso modo, come ci ricorda Hölderlin, la poesia in quanto comunicazione
e linguaggio, prefigura e consegna soluzioni originali agli interrogativi
dell'uomo.
Nel linguaggio della poiesis e del sogno si intrecciano metafore che
si espandono e si rivelano in immagini che aprono uno scenario di
orizzonti semantici, da cui è possibile creare una nuova trascrizione
di se stessi e del mondo: entrambi in quanto pensiero-sentire vivo,
rappresentano quel dinamico fluire che lambisce inesauribili sponde
a nuove prospettive.
Per dirla con Galimberti lo spazio del simbolo è il luogo della: "
parola-guida (Leit-wort) che non dice, non enuncia, si limita a mostrare
una connessione, o meglio una vicinanza, una prossimità che custodisce
una ricchezza di significati non contenuti dalla parola, ma in cui
la parola è contenuta" .
In questo senso la parola, nella poesia come nel sogno, diventa da
parola parlata parola psichica che rivela ed illumina le immagini,
incontrando le cose e rinvenendone il senso che, come rileva Galimberti
: "non è ancora del tutto spento nella parola".
Il linguaggio "originario" della poesia e del sogno rimandano
all'immaginazione creatrice, quale unità in cui l'esperienza stessa
si muove e si svela; esperienza, come osserva Masullo, di un sapere
simbiotico che precede la scomposizione della realtà in tanti variegati
aspetti, in cui tutto, circolando in ogni parte, lascia emergere il
Senso.
Ritornando al tema del Tempo, tra i protagonisti delle poesie di Giacomo
Garzya, mi sembra che l'autore intenda questa dimensione come collegamento
tra cambiamenti, come legame tra eventi trasformativi della propria
vita, densi di rinnovate progettualità.
Il Tempo, da questo vertice di lettura, è l'accadimento con cui il
nostro essere è invaso e scosso dalla differenza e dalle oscillazioni
della vita; esso, come affiora con toccante profondità dalle poesie
del testo, scompaginando le nostre continuità e certezze, porta in
sé la percezione dolorosa della lacerazione e della rottura, ma anche
il riavvicinamento alla vita ed all'ascolto delle differenti note
del nostro esserci nel mondo.
In tal senso il linguaggio della poesia e del sogno esplorano quella
dimensione interna che coglie e dà forma ad emozioni, segnalando il
richiamo ad una differenza che, se avvertita, è capace di parlarci
e farci intravedere altri confini.
Nella nostra epoca in cui è forte la tendenza a negare e ridurre le
differenze, il linguaggio della poesia e del sogno esprimono in modi
diversi, il desiderio della vita che, come osserva G. Gaglione: "non
può che desiderare di differenziarsi e di continuare ad essere vita
nel differenziarsi, proprio nel suo essere nel mondo e nella storia"..
Queste mie brevi considerazioni, sollecitate dalla lettura del testo
Un anno, mi appaiono un importante e profondo invito a riflettere
su quanto, specie in un'epoca di disorientamento, possa costituirsi
come autentico riferimento. Tale potrebbe essere quel Senso che sgorga
dalla poesis e dalle immagini del sogno, come nuova sondabilità alla
significazione, in grado di ri-assegnare a ciascuno un orientamento
interno che appare proprio nel momento in cui l'uomo si rivela a se
stesso.
Di questo sono grata all'autore.
Napoli 11.11.2013
SILVANA LUCARIELLO