LE SETTE MIE POESIE, PUBBLICATE NELLA COLLANA DI POETI CONTEMPORANEI “L’ECO DELLE PAROLE”, vol. 1, ROMA 2024, CASA EDITRICE PAGINE, pp. 94-100.
I SASSI PARLANO
I sassi parlano delle mareggiate,
sono scomposti,
ma poi si stringono insieme
per la forza del mare
e hanno bisogno del calore del sole
per sorridere ai colori del cielo
e fanno pensare ai tuoi occhi smarriti
quando non leggi nei miei
la gioia del giorno,
e allora, come i sassi, ci si stringe
forte forte per quel calore,
per quei colori,
per quella resistenza all’onda avversa,
che riportano la gioia di amare
e vivere insieme una vita.
Anche i sassi hanno un’anima.
TEMPESTE
Di Alessandro Scarlatti
una sinfonia non scritta
ho ascoltato,
in una cappella sul ciglio
del mare, fatto di aghi bianchi
e trasparenti cristalli.
Le onde impazzite, racconta,
del mare, quando esaltano
e lacerano insieme l’anima,
nel ricordo delle tempeste
in ciascuno di noi,
eterno movimento dello spirito,
ora flauto
ora oboe
ora violoncello
ora dolore
ora gioia,
nel teatro barocco e mistico
della nostra vita.
MISERIA E NOBILTÀ
Una cicca, sì proprio una cicca di sigaretta,
erano spiccioli, quelle che raccoglievano
con bastoni con punta a chiodo, uomini e donne
persi nell’ombra di se stessi, ai bordi dei luridi
marciapiedi della Stazione centrale o a via Roma,
dove i marciapiedi erano come le ruote delle auto,
putridi di piscio di cane.
Era la povertà di allora, la povertà di Napoli,
ancora quando con i pantaloncini corti, a nove,
dieci anni correvo per il centro della città,
io vomerese, quindi d’un altro pianeta.
Sparirono poi i bastoni con punta a chiodo e rimasero
gli sciuscià, il mestiere che impomatava, spazzolava
e lucidava le scarpe coperte di polvere.
L’ultimo sciuscià, lo puoi oggi ancora incontrare,
Angelo Calza, fuori la Galleria Umberto Primo,
in quella che ora si chiama via Toledo,
come cambiano i nomi, e quando sporcò i miei
calzini, al momento non si dette pace, ma poi incolpò
le mie scarpe americane, le mie Timberland
da combattimento.
In dollari, disse, mi dovete pagare, ridendo.
E al Grand Central Station di New York gli sciuscià,
sono di nobile stirpe per i prezzi che fanno,
per la loro prosopopea, per il loro antico mestiere.
AI POETI
Tu puoi scoprire un luogo,
un paesaggio
anche se lo hai visto già
milioni di volte,
da te dipende,
solo da te porgere la dovuta
attenzione, in almeno un momento
della vita
tanta è l’abitudine a non vederlo
per niente.
Ma quando sei un poeta,
un artista, a te nulla sfugge
e quel luogo avrà una voce,
un profumo, un alito di vento,
che lo renderà unico,
riconoscibile solo a te che lo ami,
a te che lo hai sempre amato.
MIGRAZIONI
A me piace ascoltare,
seduto in un Caffè occidentale,
le parlate del Maghreb. Sono
quelle di operai, di lavoratori,
alla fine della giornata, stanche
e allegre insieme.
Monologhi infiniti, che si
mescolano agli altri lati della
piazza con tutte le varietà delle
lingue slave, meno dolci,
ma non meno piene di musica.
A me piace ascoltare, seduto
in un Caffè occidentale della
mia nuova città, ai confini
del mio Paese, le varie
musiche etniche, che trasudano
nostalgia, farina di cemento
e muscoli di calcestruzzo.
Amami terra mia lontana,
che io sia berbero, maghrebino,
serbo, croato, napoletano
e così via.
PER FANNY
Come posso dimenticare la bellezza del tuo
viso, illuminato spesso da un sorriso radioso,
quando capivo al volo i tuoi desideri di figlia,
le tue aspirazioni, i tuoi ideali, la tua visione
del mondo, non sempre collimanti coi miei.
Ma tu eri forte nei tuoi convincimenti e forte
era anche la tua fede cristiana, tanto che da
parte mia il rispetto di te, così giovane e ricca
di speranze per un uomo migliore, per un’umanità
solidale, era pieno e incondizionato.
Quando ci hai lasciato, nel fiore della tua gioventù,
il colpo è stato tremendo per tutti coloro che ti
amavano e chi ti aveva conosciuto o incontrato
sulla tua strada, oggi ti ricorda come se vivessi
ancora tra noi.
Tanti anni sono trascorsi da quell’infausto giorno
e in me non hanno scalfito il ricordo del tuo sorriso,
della tua contagiosa allegria e soprattutto della tua
gioia di vivere.
Il momento, figlia mia, verrà, quando
ci incontreremo di nuovo e sarai tu a rendermi
felice quel giorno.
LA NOCHE HABÍA PASADO
La notte era trascorsa
senza un alito di vento,
con le stelle del firmamento
che sembravano immobili,
splendendo nel loro lucore.
Un bagliore lattiginoso
indicava la via Lattea e chissà
quante anime lassù a vagare,
nell’attesa di una reincarnazione,
di un ritorno sulla madre terra.
Il mio sogno ti mostrava
al tuo nuovo apparire, non solo,
così come ti avevo conosciuta,
ma ancora più bella, più
giovane, più radiosa che mai.
I tuoi capelli al vento,
davano movimento anche al tuo
corpo, che si slanciava nel vuoto,
verso di me, in una danza
leggiadra, a rievocare
il volo di fenicotteri rosa, eleganti
come te, così aerea e lieve,
nella tua gioia di vivere libera.
In parallelo al libro cartaceo è stato realizzato un Audiolibro, in cui ognuna delle sette poesie pubblicate all’interno dell’Antologia viene recitata da un attore di teatro. Tali audio si possono ascoltare in questo mio sito alla voce “Altri Media – Audio”.