GRAZIA FULCINITI: “La Grecia solare di Giacomo Garzya”
“Siamo tutti greci. Le nostre leggi, la nostra letteratura, la nostra religione, le nostre arti hanno le loro radici in Grecia. Se non fosse stato per la Grecia, Roma, la maestra, la conquistatrice, la metropoli dei nostri antenati, non avrebbe diffuso la luce con le sue armi, e ora potremmo essere selvaggi o idolatri.”
Percy Bysshe Shelley, “A Defence of Poetry”, 1821
Giacomo Garzya è poeta e fotografo (non è un caso) e una parte della sua produzione, caricata sul sito internazionale flickr e in www.maree2001.it , è dedicata alla Grecia, visitata e ‘vissuta’ in vari momenti della sua vita, alcuni anche dolorosi; la Grecia di Garzya è un luogo interiore essenzialmente, puntellato da una solida formazione classica (anche per storia familiare), storica, e per certi versi antropologica, che conferisce alla sua poesia, nonostante l’immediatezza e la vividezza di certe immagini, uno spessore che regala al lettore una metacognizione su miti, religione, luoghi, eventi atmosferici, cambi di luce, che rimandano ad un passato che è patrimonio di tutti. I luoghi spesso diventano personificazioni del mito, dell’emozione e di un sentire umano e per questo comune. La Grecia solare perché? Perché il tratto più significativo delle poesie dedicate alla Grecia è la luce, il sole con tutte le sue sfumature e riverberi, che presentano e ‘cantano’ scenari, che a volte si ripetono, ma sempre diversi, per esempio basta il soffio del Meltèmi per rendere ‘altro’ il paesaggio, che rimanda a stati d’animo, impressioni, suggestioni sedimentate nei vari viaggi – pellegrinaggi dell’animo umano. La geografia della Grecia di Garzya è quella di un anonimo kafenion esposto al sole e alle mosche, è quella delle rocce brulle e scoscese, delle calette nascoste e selvagge, la Grecia delle meraviglie, delle piccole cose che si caricano di umanità e di ricerca della bellezza, ancor di più quando la poesia diventa fotografia, perché, per citare H. C. Bresson ‘è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore’. L’idea di Garzya di farmi tradurre in neogreco una trentina di sue poesie (malgrado io non sia madrelingua) nasce proprio dall’esigenza di rendere ancora più tangibile e immediata l’esperienza del viaggio in terra greca, e nella traduzione mi soffermo anche sull’aspetto stilistico e lessicale, tendente a qualche apertura alla katharèvusa e con costrutti non sempre in linea con il dimotiko.
Infine, quarantasette poesie di Giacomo Garzya furono tradotte una ventina d’anni fa dal compianto prof. Costantino Nikas dell’Istituto Orientale di Napoli. Fra queste, ventinove saranno pubblicate, insieme alle poesie tradotte da me, nel volume: Giacomo Garzya, “L’Ellade nell’anima”.
Grazia Fulciniti
Si propone qui la lettura di 2 poesie in italiano e neogreco: “Diafàni di Kàrpathos” e “Monemvasia, un ritorno”:
Διαφάνι της Καρπάθου
Μύγες καφενείου
τσιμπάνε τους αστραγάλους.
Μια γριούλα ντυμένη στα μαύρα
περήφανη καθ’ημάς Ανατολή
φλυαρεί.
Δωρική είναι η γλώσσα
όπως στην άγρια Μάνη
Ένας ταξιδιώτης Old England
κορδόνια μαλλιά
κατεβάζει τζιν τόνικ
απελπισμένος.
Ένας μοναχός, λευκή γενειάδα,
φρυγικός μάλλινος σκούφος
στο κουδούνισμα ανέμου βυζαντινού
κάνει το σταυρό του.
Μύγες καφενείου
τσιμπάνε
ανάμεσα σε σκάκι και τάβλι
αυτόν που περιμένει το πλοίο,
ανάμεσα σε ποτήρια από ούζο
αυτόν που αναζητά τη λήθη.
Ο χρόνος σταμάτησε στο Διαφάνι.
DIAFÀNI DI KÀRPATHOS
Mosche di kafenìon
pizzicano le caviglie.
Vecchia paludata di nero
fiero oriente greco,
ciarla.
Dorica è la lingua
come nel Mani selvaggio.
Viaggiatore Old England
capelli di stoppia
gin tonic tracanna,
disperatamente.
Monaco barba bianca
berretto frigio di lana
allo scampanìo del vento
bizantino si segna.
Mosche di kafenìon
pizzicano
tra scacchi e tavli
chi aspetta la nave,
tra bicchieri di uzo
chi cerca l’oblio.
Il tempo è fermo
a Diafàni.
Diafàni, 18 agosto 1998
Giacomo Garzya
Μονεμβασιά, επιστροφή
Επιστρέφοντας εδώ
ότανη ανάμνηση είναι ωραία
σε κυριεύει ξανά.
Εδώ στο Κάστρο
όλα έχουν αλλάξει
ακόμη και οι πέτρες,
όπως και το χρώμα
με το φως της ημέρας
και του απογεύματος.
Η ζωή με έφερε
σε αυτή την ακτή
που δεν είναι ποτέ η ίδια
όπως το ποτάμι που ρέει.
Τώρα ο άνεμος φυσάει δυνατά
και δεν λυγίζει
ένα πλήθος
άγριων σκόρδων
που στέκονται
ανάμεσα στον γκρεμό
και τον σιδερένιο βράχο,
από τον οποίο
σταγόνες αμβροσίας αναβλύζουν
στα γαλαζοπράσινα μάτια σου,
έτσι σήμερα τα βλέπω
σαν αυτά μιας νύμφης
που η θάλασσα τυλίγει
εδώ γύρω.
MONEMVASIA, UN RITORNO
Ritornare sui luoghi
quando è bello il ricordo
ti misura di nuovo.
Qui nel Kastro
tutto è mutato
anche le pietre,
come il colore
con la luce del giorno
e della sera.
La vita ha portato
a questo lido,
mai uguale a se stesso,
come il fiume che scorre.
Ora tira il vento forte
e non doma
moltitudini
di agli selvatici
ritti
tra le scogliere
e il roccione ferroso,
da cui sgorgano
stille d’ambrosia
sui tuoi occhi turchesi,
così oggi li vedo,
come quelli di ninfa
che il mare avvolge
qui attorno.
Monemvasia, 29 luglio 2003
Giacomo Garzya