Una città sospesa tra un passato denso di storia e di storie impresse su ogni pietra, e un futuro ancora indefinito: questa l’idea che sembra suggerire il volume di fotografie di Giacomo Garzya Napoli 1999 (Arte Tipografica Editrice): 60 immagini della città, alcune già esposte in una mostra presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, illustrate, come un percorso guidato, da Renata De Lorenzo.
Fotografo di particolare raffinatezza e sensibilità, Garzya conferma la sua visione “colta” della città, l’altra faccia di un vissuto quotidiano la cui realtà amara ha ceduto troppo spesso il passo al folklore. Le immagini di Garzya fanno emergere una Napoli al di là dei luoghi comuni: una grande area urbana viva, pulsante che porta tutti i segni del proprio passato ma senza che esso diventi, per usare una definizione di Nietzsche, “monumentale” ossia momento acritico e celebrativo.
Il passato è, in Garzya, il bugnato del Gesù Nuovo, il Castelnuovo che si proietta in penombra verso il cielo, segni vivi di un percorso mai interrotto di tradizioni civiche e di cultura. La Napoli del presente appare invece più indecifrabile e ambigua: le immagini dell’area di Bagnoli in dismissione e quella della montagna di sale di Paladino o delle stadere di Kounellis sono i poli opposti di una identità ancora da costruire.
L’elemento che più colpisce è il colore: forte, brillante, quasi gioioso. “Ogni città – scrive Raffaele La Capria – ha la sua luce”. La luce di Napoli è il giallo; un colore che “appare solo in certe condizioni atmosferiche; bisogna vederlo per sapere veramente com’è”. Ed è proprio quella tonalità che Garzya ha fissato nel Castel dell’Ovo, nelle facciate dei palazzi neoclassici, nella Fontana dell’Immacolata.
Valeria Del Vasto
Articolo pubblicato ne “Il Mattino”, 28 gennaio 2000.