MOSTRA “IL MARE CHE NON SI VEDE”

Napoli: le foto di Giacomo Garzya
di Giovanni Chianelli
27.03.2006

“Il mare non bagna Napoli”, titolava mezzo secolo fa la scrittrice Annamaria Ortese. Coperto dalle navi alleate in occupazione nel porto, non poteva essere liberamente osservato e goduto. E anche oggi il mare di Napoli c’è ma non si vede: quasi un trucco, un’illusione. Città di mare, ma chi se lo ricorda? Per molti è una cartolina. Di fatto le acque sono estranee a molti partenopei, tanto che fino a poco tempo fa raccontare di un tuffo consumato a Mergellina o a Posillipo equivaleva a narrare un’autentica impresa. Innocenza del caso, è proprio Napoli ad ospitare la mostra fotografica di Giacomo Garzya “Il mare che non si vede”, in esposizione a Palazzo Serra di Cassano fino alla fine di marzo.

Tredici fotografie per una rassegna che è una costola di un precedente lavoro dell’artista, dedicato al tema dei quattro elementi.Le riproduzioni sono state selezionate per suggerire un nuovo e privilegiato punto d’osservazione, quello dell’uomo sull’elemento marino.. In questo caso è il mare delle coste greche come di quelle campane o altre, molto più esotiche e dai nomi incomprensibili, a prestarsi a questa prospettiva antropocentrica, suggerendo a Garzya quell’idea di bellezza “che ha senso solo se c’è l’uomo che sente e vede. Egli solo è in grado di percepire, di cogliere l’altro da sé. Senza l’elemento uomo niente avrebbe senso specifico; con la sua presenza l’armonia della terra diventa sensibile, tangibile e può suscitare forti emozioni”.

E il segno di Garzya indica proprio che l’uomo manipola la natura, anche solo osservandola. Alcune fotografie sono più esplicite : in esse il mare si riconosce, quasi con sollievo, tra i colori alterati, tra le luci che quando non sono in bigio e scuro, hanno i riflessi febbrili del rosato e caldi dell’oro fuso. In altre immagini bisogna avere bene in mente il titolo della mostra, per accorgersi del mare. Un’acqua nascosta, lunare, molto sensuale. Acqua e sale, un voyeur ci va di lusso, vedo e non vedo, la più classica delle fascinazioni. Intuire e non focalizzare, perché l’occhio vuole illudersi di guardare solo ciò che desidera e quando lo desidera, perché la sottrazione acuisce la malia e l’intervallo che corre tra la sparizione e la riapparizione è un ammaliante mistero, consumato in un frangente incontrollato.

E se il mare è un mistero, Garzya lo avverte non di meno come un “archetipo, la ragione di tutte le cose, nell’acqua innanzitutto, quella che ci avvolge e ci protegge sin dalla nascita, quella che muta ad ogni soffio di vento”.

Articolo pubblicato ne “la rivistadelmare.it”, 2 aprile 2006.

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