QUEI FORTI AFFETTI PER FOTOGRAFARE LA VITA

QUEI FORTI AFFETTI PER FOTOGRAFARE LA VITA

di Valeria del Vasto

“La cecità dell’uomo moderno consegue alla volontà di troppo vedere” : così Martin Heidegger stigmatizzava il razionalismo dell’uomo contemporaneo nell’epoca dell’ “immagine del mondo”, in cui il desiderio esasperato di analisi spinge l’essere umano lontano da ogni rapporto ‘aperto’ con l’essere. Questo filo conduttore della mostra che segna l’esordio di Giacomo Garzya nel mondo della fotografia e che si inaugura oggi, alle 17, presso la sede della M.D’Auria Editore alla Calata Trinità Maggiore. “Forti affetti” : questo il titolo della rassegna che resterà aperta fino a venerdì 13 maggio e che si articola in 21 immagini scattate dall’autore in circostanze diverse, ma tutte unite dal leit motiv del viaggio : un viaggio non solo attraverso luoghi ma soprattutto attraverso i propri sentimenti, gli stati d’animo, le emozioni.
Le immagini scattate da Giacomo Garzya ritraggono soprattutto i grandi spazi, dalle distese aride e brulle della terra d’Otranto al grande salone d’ingresso del Centre Pompidou di Parigi, dai campi fiammeggianti di papaveri della Lucania al notturno fluviale sul Lungo Senna. Non sono immagini ‘rubate’ : non è il bacio furtivo dei fidanzati (ma di recente si scopre che in realtà la scena era costruita), non è l’attimo che viene fissato sulla carta. Non c’è quella drammaticità immediata di certe immagini di Capa o di Cartier Bresson, non la plasticità dei corpi fotografati da Mappeltorpe, è piuttosto l’osservazione della natura, dei luoghi, è il compenetrarsi con essi, il trasfondere in essi un sentimento, un ‘affetto’, ma un affetto ‘mediato’, sublimato proprio attraverso la contemplazione. Difficilmente le immagini di Garzya raccontano i particolari: l’occhio non si sofferma sui dettagli, sull’analisi delle cose, e quando lo fa, come nel caso dell’immagine del piccolo biplano, è per suggerire un successivo librarsi verso spazi aperti. Ancora una volta tornano alla mente le parole di Heidegger allorché paragona l’atteggiamento freddo e scientistico dell’uomo contemporaneo nei confronti della natura e quello dei primi filosofi greci che osservavano la natura cercando di coglierne i cicli, i movimenti, l’essenza. È proprio quest’ultimo lo stato d’animo di Garzya: il suo sguardo è colpito dalla terra, dal cielo, dallo scorrere dei fiumi, dalle brezze notturne sull’Haidersee, ma anche dalla pietra arroventata dal sole; alcuni paesaggi gli suggeriscono una malinconia sottile, altri un moto gioioso di vita, altri ancora un senso profondo di libertà, ma tutte le immagini raccontano della storia personale di chi le ha colte e fissate, narrano un percorso ideale e sentimentale, simile al viandante del Werter goethiano citato a commento dell’intera rassegna.
Il cromatismo svolge una parte molto importante nelle fotografie di Garzya, perché esso esprime, più di ogni altro elemento, le emozioni dell’autore: il rosso, che accomuna i tramonti all’aereo in un campo a Diest e ai papaveri; il giallo bruciato delle pannocchie e delle distese salentine, il blu profondo dei cieli e dei laghi notturni. I colori delle stagioni diventano, così, colori dei sentimenti.

Articolo pubblicato ne “Il Mezzogiorno”, 4 maggio 1994.

La personale “Forti affetti” di Giacomo Garzya fu inaugurata il 4 maggio 1994 presso la sede della M.D’Auria Editore. Palazzo Pignatelli. Napoli.

 

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