STUDI FILOSOFICI
Giacomo Garzya:
la città invisibile
in mostra
FABRIZIO COSCIA
NAPOLI si mette in mostra, tra
segni e memoria, nell'allestimento
fotografico di Giacomo
Garzya, da sabato scorso fino a
venerdì prossimo all'Istituto italiano
per gli Studi filosofici. Una Napoli
1999 - questo il titolo della mostra -
che nell'urgenza del presente si richiama
quella celebrata dal Bicentenario
della Rivoluzione, di cui il
lavoro di Garzya sembra voler riproporre
le tappe fondamentali attraverso
una "metafora" della Storia.
Una città ritratta in controluce,
senza oleografia, sorpresa nei suoi
segni architettonici, nelle sue sculture,
nei suoi simboli e contrasti, nelle
tracce visibili di un percorso nel
tempo: dalla Napoli greca dalla Sirena
nella Fontana dell'Incoronatella a
quella ancien régime del Castel dell'Ovo
irretito da cordami e alberi, o
del Palazzo Reale chiuso dalle cancellate,
fino alla "rivoluzione" introdotta
dal "Cavallo di Troia" della scultura
lignea che dondola sulle acque del
lungomare, e celebrata con la"Montagna
di sale" di Mimmo Paladino in
piazza Plebiscito, luogo della "rinascita
" cittadina. E nel nome della rivoluzione,
appunto, Giacomo Garzya,
che accompagna alla sua attività di
fotografo anche quella di poeta (di
recente pubblicazione la raccolta di
poesie Solaria, M. D'Auria Editore),
dedica ai martiri procidani del 1799,
"di tutti i ceti testimoni di libertà", il
suo viaggio verso e dentro la Napoli
del presente. Le sue trenta fotografie
utilizzano le linee, i colori e le forme
dell'architettura per riprodurre la
città e i suoi spazi restituiti al vivere
civile. Non mancano gli interrogativi,
i punti oscuri, anche nel cuore della
città "nuova" - Palazzo Carafa Roccella,
ad esempio, che conserva ancora
una struttura vuota all'interno - sintomi
dell'ambiguità e delle contraddizioni
che seguono ogni processo di
rinnovamento, e che le "istantanee"
di Garzya catturano con la stessa
precisione delle sue poesie, come se
versi e foto fossero un'unica documentazione
della memoria collettiva
e personale. Le riproduzioni architettoniche,
infatti, sono come investite
dallo sguardo soggettivo dell'osservatore.
Perché, come scrive Calvino
nelle sue Città invisibili, "è l'umore
di chi la guarda che dà alla città alla
sua forma". E la Napoli di Garzya ha
la forma di un'evoluzione che lentamente
rinasce ai colori e alla luce, e
finisce con l'aprirsi verso il mare,
nelle foto del veliero "Amerigo Vespucci
" e del porto cittadino, inevitabile
punto d'approdo e di partenza di
ogni avventura dello sguardo.
Articolo pubblicato ne "Il Mattino", 19 gennaio
1999.
|