PER SILVIA CIACCIO Vaghe stelle dell'Orsa Trieste, 10 giugno 2023
Giacomo Garzya
QUESTA
POESIA SCRISSI ISPIRATO DALLE OPERE DI SILVIA CIACCIO VISITANDO LA SUA
MOSTRA PERSONALE, CURATA DA MARIANNA ACCERBONI: "SPAZIOCIELO.
ESSENZA OLTREMARE", TENUTASI A TRIESTE DAL PRIMO AL 25 GIUGNO 2023,
NELLA SALA COMUNALE D'ARTE.
Silvia Ciaccio a) "Senza titolo", 2019, colore acrilico su carta velina, 150 x 100 cm b) "Essenza oltremare", 2022 c) dal Catalogo di Silvia Ciaccio, "Luogo sensibile", 2020, pp. 50-51. "Appunti di lavoro. Astrattismo atmosferico"
Silvia Ciaccio nasce a Milano nel 1985 e trascorre lunghi periodi nella città di Trieste. Si laurea in estetica studiando il monocromo come luogo di massima concentrazione del pensiero. Lavora su carta velina, le cui trasparenze conducono verso un astrattismo atmosferico, e su lastre di acciaio corten, le cui ossidazioni portano ad un processo alchemico di perfezionamento della materia.
"TRIESTE - E' stata inaugurata giovedì 1 giugno alla Sala Comunale d'arte di Trieste (piazza dell'Unità d'Italia 4) la personale Spaziocielo essenza oltremare dell'artista Silvia Ciaccio, curata dall'architetto Marianna Accerboni. In mostra una ventina di raffinate ed essenziali interpretazioni dell'immensità, intesa come ampiezza degli spazi del mare e del cielo, ma anche come vastità di pensiero. Un messaggio criptico e raffinatamente concettuale che l'artista milanese - figlia d'arte (il padre Roberto era pittore di chiara fama, dalle frequentazioni internazionali), laureata in estetica e da sempre profondamente legata a Trieste - propone di fronte alla linea d'orizzonte infinito su cui si apre la sala che ospita l'esposizione. Il progetto espositivo Spaziocielo allude alla dimensione fisica e concettuale dell'immensità, intesa come ampiezza degli spazi del mare e del cielo, ma anche come vastità di pensiero. Spaziocielo è un luogo monocromatico d'incontro tra cielo e mare, in cui terra e aria si sfiorano; è una dimensione liminare che schiude varchi di pensiero verso l'immensità, una soglia orizzontale tra il mondo celeste e quello terrestre, un limite indefinito in cui la molteplicità cromatica, dal blu al viola, dall'azzurro al rosa, dall'indaco al grigio argenteo, spalanca la via verso l'ignoto. Le opere colgono quello spazio indefinito, di confine, caratterizzato da una potente forza generatrice di sogni, immagini e voli onirici. La vista dell'ampiezza spinge, infatti, continuamente a sognare e ad immaginare altro, oltre l'orizzonte. Dalla contemplazione di questa particolare atmosfera, che caratterizza la città di Trieste, sono nati piccoli spazi pittorici monocromatici, che restituiscono le percezioni sensoriali delle diverse ore del giorno, a seconda delle diverse esposizioni alla luce. Le tonalità del rosa sfumano nel viola, il blu scolora nell'azzurro, l'indaco si adagia polveroso sul grigio argenteo, rivelando i segreti del mare al cielo e viceversa. La mostra si compone di due momenti: nella prima sala il lavoro è interamente dedicato alla città di Trieste. Accanto ai piccoli monocromi, due grandi fogli di lavoro trattengono le tracce della stesura dei colori e i passaggi del gesto pittorico, in cui si coglie la nostalgia del mare e del cielo. Due sottili lastre di alluminio ossidate, dipinte di celeste, riflettono i bagliori argentei del mare, illuminato dalla luce del sole. Infine, all'interno di boccette di vetro, chiuse da un tappo grezzo di sughero, sono raccolte quelle spugne imbevute di colore, che, come pennelli di corallo, hanno lasciato traccia sui fogli; alla base delle boccette una lastra di plexiglass specchiato ricorda allo sguardo la superficie liquida del mare. Accompagna il lavoro un video girato tra l'atelier dell'artista e la città di Trieste nel quale, attraverso un movimento ciclico di allontanamenti e ritorni, si assiste ad una fusione atmosferica di cielo e mare. Nella seconda sala vengono esposte grandi carte veline realizzate a tecnica mista, tre delle quali sono nate per consonanza con il brano musicale di Claude Debussy, La Cathédrale Engloutie. Nel componimento musicale si ode il suono delle campane di una cattedrale bretone inghiottita dal mare; ne derivano opere che appaiono come narrazioni musicali di paesaggi sonori interiori. Altre due grandi carte veline sono invece attraversate da un lento processo di decostruzione della materia e di sottrazione del colore che porta all'essenza dell'essere. Infine troviamo un trittico su carta da stampa e colore vinilico in cui, attraverso una sottile fessura di luce, si coglie per un istante la verità oltre l'immagine". (in https//www.triesteprima.it del 10 giugno 2023)
Per la biografia e poetica di Silvia Ciaccio, vedere il suo Catalogo "Luogo sensibile", 2020, pp. 187-189; inoltre i testi critici di Luca Zuccala ( "La vertigine del sublime. Cogliere il cielo accarezzando la terra"), pp. 13-16, di Maria Ciaccio ("Appenderò i miei quadri al cielo"), pp. 19-24, di Elisabetta Sartori ("Breve intervista: i colori, gli strumenti, l'Uomo socchiuso"), pp.27-31, di Pia Antonini ("...È la nostra anima che sogna per noi"). Nello stesso catalogo, importante è il contributo critico di Silvia Ciaccio nel capitolo "Mano pensante", pp. 137-186, su importanti artisti contemporanei, dal padre Roberto ad Alberto Burri, ad Alberto Giacometti, nonché su figure rilevanti, come Renzo Piano, René Magritte, tra i tanti da lei trattati per "ArtsLife". Molto interessanti per entrare nell'arte e nella poetica di Silvia Ciaccio sono da leggere i suoi "Appunti di lavoro" dalla p. 37 alla p. 135, corredati da foto delle sue opere in fieri e da suoi pensieri attinenti ai suoi percorsi creativi, nello spirito del suo Maestro Gaston Bachelard, quando questi afferma: " La conoscenza poetica del mondo precede la conoscenza razionale degli oggetti. Il mondo è bello prima di essere vero" (p. 134). I suoi appunti di lavoro seguono un itinerario ben preciso: "Astrattismo atmosferico", "Psicanalisi dell'aria" e "Psicanalisi delle acque", omaggi a G. Bachelard, "Lo spirito della terra", "Uomo socchiuso", "Struggente qualità d'addio", omaggio a W. Benjamin. Infine, mi piace citare Silvia Ciaccio quando scrive: "Vorrei che le mie opere avessero la qualità del cielo", "Ogni tanto sento il vento sfogliare le mie carte veline. I fogli respirano nel sole, nelle mattine assolate della mia casa", "Aria. Le mie carte e i miei colori esistono perché avverto il sentimento del cielo...", "Appenderò i miei quadri al cielo perché essi sono fatti d'aria; la leggerezza della velina ha il soffio del vento", "Bevo l'aria. Intingo il sole nei miei colori", "I sogni del cielo hanno sempre una storia da raccontare...ed io resto affascinata in ascolto", "La malinconia è sempre compagna di fronte ai corsi d'acqua", "Amo l'aspetto transeunte delle cose, della materia, dei colori. Il corso inarrestabile dell'essere. Ho sempre presente l'immagine di un fiume che scorre tra le rocce", "Penso che la nostalgia sia il sentimento del tempo". Da leggere anche il suo ultimo Catalogo per una sua personale a Bergamo, Silvia Ciaccio, "Intimità d'ombra", febbraio 2023, pp. 1-68, anch'esso contenente vari scritti critici (Benedetta Mangili, Maria Pia Ciaccio, Filippo Maria Caffi, Elisabetta Sartori) e due interessanti riflessioni di Silvia Ciaccio sui luoghi dove esporre le proprie opere, quindi sul "concetto heideggeriano di abitare lo spazio...fonte di energia creativa" e sul suo complesso percorso artistico: "Sentimento di casa" e " La flamme d'une chandelle" ( qui l' incipit "Mi sono avvicinata allo studio del fuoco affascinata dalla sua potenza creatrice nelle opere di Yves Klein e nelle combustioni di Alberto Burri, artisti a me molto cari. Con il tempo la mia riflessione sul fuoco ha preso due strade diverse: una legata al lavoro alchemico sui metalli e l'altra legata al concetto di rinascita...). Un'artista, Silvia Ciaccio, a tutto tondo, un'importante presenza nel mondo dell'Arte contemporanea. Giacomo Garzya
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